Lavoro: ecco come la digitalizzazione influirà sul settore elettrico
I nuovi ruoli come i - data scientist - e i responsabili della - cyber security - stanno apportando all’ambiente lavorativo del settore elettrico grossi cambiamenti!
Meno attività manuali, un maggior sforzo cognitivo, attività di programmazione, controllo e capacità di lettura e di interpretazione dei software sono alcune delle conseguenze e dei cambiamenti che i nuovi ruoli come i “data scientist” e i responsabili della “cyber security” stanno apportando all’ambiente lavorativo, modificando anche i profili professionali e i percorsi di formazione continua e professionale. In particolare nel settore elettrico l’evoluzione digitale dell’organizzazione si sta manifestando con anticipo rispetto ad altri comparti industriali. Ed è proprio in questo contesto che si sviluppa la ricerca del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Torino presentata oggi a Roma nel corso dell’incontro “Dagli elettroni ai bit”; condotto dal professor Paolo Neirotti, lo studio indaga la Quarta Rivoluzione Industriale e gli effetti delle tecnologie digitali sulla struttura del settore elettrico, sui profili occupazionali e sulle necessità di aggiornare i sistemi di gestione del personale.
La ricerca ha infatti evidenziato alcuni elementi di quelle che potranno essere le configurazioni organizzative del futuro, delineando cinque caratteristiche dello scenario, che influiranno – e già ora influiscono – su come cambierà il lavoro, ponendo una serie di implicazioni di intervento sui sistemi di gestione del personale. In primo luogo, grazie all’Internet of Things, centrali termo elettriche, impianti eolici e fotovoltaici, reti di trasmissione e distribuzione dove l’energia elettrica viene consumata possono essere monitorati e controllati con maggior precisione e tempestività: questa maggiore intelligenza nelle “macchine” coinvolte nel ciclo di generazione, trasmissione, distribuzione e consumo dell’energia elettrica fa sì che i dati sul funzionamento di impianti elettrici possano essere gestiti e controllati da soggetti distinti da quelli che posseggono e utilizzano gli impianti. Sempre legata all’intelligenza delle macchine, in seconda battuta, si sottolinea l’integrazione sempre più stretta tra lavoratore e sistema digitale; al contrario di quello che a volte si teme, la risorsa umana non viene marginalizzata, ma il ruolo dell’operatore diventa più importante dovendo controllare l’esattezza e la precisione dell’algoritmo: si diminuisce così l’attività manuale e si richiede un maggior sforzo cognitivo da applicare ad attività di programmazione e controllo, evitando mansioni che possono essere rischiose per salute e sicurezza. La terza caratteristica riguarda la prospettiva “data driven” del lavoro: avendo a disposizione dati, statistiche e informazioni passate gli errori e i comportamenti sbagliati vengono bloccati sul nascere a favore della sicurezza del lavoratore. Quarta, la creazione di nuove élite professionali, come data scientist e responsabili di cyber security, a cui più che una specializzazione industriale ne è richiesta una molto elevata su algoritmi e nuove tecnologie. Infine, contrariamente alla posizione per cui l’innovazione favorisce la distruzione dei posti di lavoro aumentando il divario nelle retribuzioni dei lavoratori tra alta e bassa qualificazione, le imprese in grado di applicare i nuovi paradigmi tecnologici registrano esattamente la tendenza opposta: c’è coesistenza tra specialisti tecnici e lavoratori dove la maggior complessità del lavoro, grazie alla centralità del riconoscimento di merito e competenze, favorisce retribuzioni elevate.
Presentando questi risultati Paolo Neirotti ha dichiarato che “la ricerca evidenzia chiaramente che l’equazione “più robot uguale a meno lavoro” sia riduttiva – spiega Paolo Neirotti – L’equazione non riconosce la necessità valida per molte imprese di rivedere i sistemi di gestione del personale.
La maggior partecipazione di operai all’innovazione e la loro maggiore integrazione con professioni tecniche richiede che i sistemi di retribuzione riconoscano, dandone più peso, merito e crescita delle competenze. Inoltre, servono approcci per fare di formazione continua e professionale processi sistematici e ripetitivi in grado di creare e far evolvere le competenze necessarie per applicare le tecnologie digitali a lavori operativi tradizionali”.