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Demolire e ricostruire: le nuove regole che cambiano tutto secondo il Consiglio di Stato

Con la sentenza n. 8542 del 4 novembre 2025, il Consiglio di Stato delinea i requisiti che distinguono la ristrutturazione edilizia ricostruttiva dalla nuova costruzione, con implicazioni per titoli abilitativi, volumetrie e impatto sul territorio.

Demolire e ricostruire: le nuove regole che cambiano tutto secondo il Consiglio di Stato
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L’istituto della demolizione e ricostruzione è diventato negli ultimi anni uno degli strumenti più utilizzati nei processi di riqualificazione urbana, soprattutto nelle grandi città dove la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente rappresenta una priorità. Proprio per questo, la distinzione tra ristrutturazione edilizia ricostruttiva e nuova costruzione assume un peso determinante, sia per i progettisti sia per i privati che intendono intervenire su immobili esistenti. La recente sentenza del Consiglio di Stato offre una cornice interpretativa particolarmente rilevante, chiarendo i limiti entro cui un intervento può ancora essere considerato “neutro” rispetto al fabbricato originario e quando, invece, debba essere trattato a tutti gli effetti come una nuova edificazione. Un chiarimento cruciale, che incide direttamente sui titoli abilitativi, sugli indici urbanistici, sulle distanze e sulle modalità operative con cui impostare l’intervento.

  1. Il caso in oggetto
  2. Quando si parla di nuova edificazione?e
  3. Sei un architetto? La tua professione richiede un aggiornamento continuo?

Con la sentenza n. 8542 del 4 novembre 2025, il Consiglio di Stato delinea i requisiti che distinguono la ristrutturazione edilizia ricostruttiva dalla nuova costruzione, con implicazioni per titoli abilitativi, volumetrie e impatto sul territorio.

Quando un intervento di demolizione e ricostruzione viene qualificato come nuova costruzione e non più come semplice ristrutturazione, la differenza è tutt’altro che marginale: incide sul titolo abilitativo necessario, sui limiti volumetrici da rispettare, sulle distanze e sui controlli urbanistici. Proprio su questo front e si innesta la pronuncia della Sezione II del Consiglio di Stato con la sentenza n. 8542 del 4 novembre 2025.

Il caso in oggetto

Nel caso in questione, l’amministrazione comunale milanese aveva qualificato alcuni lavori – con cambio d’uso da industriale a residenziale – come semplice ristrutturazione edilizia ricostruttiva, assentita mediante SCIA alternativa. I giudici hanno invece stabilito che, in presenza di elementi quali accorpamento di volumi originari, mancanza della contestualità tra demolizione e ricostruzione e trasformazioni morfologiche del sito, l’intervento doveva essere qualificato come nuova costruzione.

Quando si parla di nuova edificazione?

La giurisprudenza richiama prevalentemente tre parametri che, se non tutti rispettati, conducono a ricadere nell’ambito della nuova edificazione:

  • Unicità dell’immobile: il progetto deve riguardare un unico edificio preesistente; l’accorpamento di corpi distinti o la frammentazione di un volume originario in più edifici esulano dalla fattispecie della ristrutturazione ricostruttiva.
  • Contestualità temporale: demolizione e ricostruzione devono essere assoggettate ad un unico titolo edilizio e realizzate in tempi compatibili, a garanzia della “continuità” dell’intervento. Se invece la demolizione è avvenuta anni prima e la ricostruzione si attua a distanza, scatta la qualificazione come nuova costruzione.
  • Neutralità volumetrica e morfologica: il volume post-intervento non può eccedere quello del fabbricato demolito (salvo eccezioni previste dalla legge o strumenti urbanistici), né può esservi modificazione sensibile della sagoma, del sedime o della morfologia del terreno (es. sbancamenti, rampe, nuovi seminterrati).

La sentenza sottolinea che, pur essendo superati alcuni vincoli strutturali (come il rispetto rigoroso della sagoma o del sedime originario) grazie alle modifiche normative, permane il principio che dalla demolizione non si possa automaticamente attribuire un “credito volumetrico” illimitato. In altri termini: non basta demolire per ricostruire liberamente.

Per gli operatori del settore — architetti, geometri, dirigenti degli uffici tecnici comunali — la differenza tra rientrare nella ristrutturazione edilizia ricostruttiva (titolo di tipo SCIA alternativa) o nella nuova costruzione (titolo di tipo Permesso di Costruire) è decisiva. In quest’ultima ipotesi, infatti, vanno rispettati gli indici edilizi, le distanze ex D.M. 1444/1968, e l’intervento è soggetto a un regime più rigoroso.

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