Architetti Sardegna: qualche spiraglio per l’economia dell’isola secondo i dati cresme
Spiragli di rafforzamento per l’economia sarda dal 2017 - sostenuta dalla domanda estera e dal turismo - che resta però molto fragile; in affanno gli investimenti industriali; stagnante il mercato del lavoro, mentre si intravvede qualche spiraglio per le costruzioni.
Spiragli di rafforzamento per l’economia sarda dal 2017 – sostenuta dalla domanda estera e dal turismo – che resta però molto fragile; in affanno gli investimenti industriali; stagnante il mercato del lavoro, mentre si intravvede qualche spiraglio per le costruzioni. E’, in sintesi, quanto emerge, da una ricerca sulla situazione economica della Regione commissionata al Cresme dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ed illustrata a Nuoro nel corso della decima tappa di avvicinamento al Congresso Nazionale in programma a Roma dal 5 al 7 luglio prossimi.
I dati che riguardano l’Isola – così come quelli relativi a tutte le Regioni italiane – confluiranno in una ricerca sullo stato dei territori del nostro Paese che sarà presentata proprio nel corso dell’Assise di luglio dalla quale saranno lanciate le proposte degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori italiani sul futuro dell’abitare, delle città e dei territori, indicando un paradigma – a misura d’uomo – della qualità della vita urbana.
Per quanto riguarda la Sardegna in base alle stime, il 2017 si dovrebbe chiudere con una crescita del PIL di circa dell’1%, inferiore rispetto al dato medio nazionale (+1,5%), ma in linea con le dinamiche economiche del Mezzogiorno. Le prospettive a breve termine, tuttavia, non si mostrano particolarmente favorevoli, con una crescita attesa in rallentamento nel 2018 (+0,8%), e sono da inserire in un quadro di elevata incertezza legato ad una situazione nazionale ed internazionale in grado di impattare sul clima di fiducia di imprese e famiglie.
Debole anche, in base al risultato registrato nella prima parte del 2017, l’attività industriale, che ha confermato le indicazioni di fragilità emerse nel 2016. Negativa la performance del comparto alimentare, penalizzato dal calo dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari; positiva, invece, la congiuntura nel settore chimico-farmaceutico. Le imprese confermano il calo degli investimenti realizzati e non vi è evidenza di significativi investimenti legati alle agevolazioni fiscali Industry 4.0.
Segnali positivi riguardano invece i servizi: nel 2017 le imprese di commercio in Sardegna hanno registrato un fatturato in leggera crescita, e comunque in linea con la dinamica positiva del 2016, grazie soprattutto allo sviluppo del settore turistico, in un contesto di crescita ancora poco brillante dei consumi delle famiglie. Indicazioni confortanti continuano ad arrivare infatti dal settore turistico.
Nel corso del 2017 i segnali di ripartenza del settore delle costruzioni, già presenti nei dati del 2016, si sono confermati con crescita dell’occupazione, del numero di imprese attive, delle erogazioni per l’investimento e l’acquisto di abitazioni, a cui aggiungere il trend positivo del mercato immobiliare (aumento delle compravendite che prosegue dal 2015) e la ripartenza del mercato delle opere pubbliche, anche se concentrato sulle gare di maggiore dimensione.
Stagnazione, invece, per il mercato del lavoro. Nel 2017 prosegue il calo per gli addetti all’agricoltura, diventa negativo il dato per i servizi che avevano trainato il mercato dei due anni precedenti, mentre una importante crescita del manifatturiero, delle costruzioni e del commerciale-ricettivo determina una stabilizzazione del dato occupazionale sugli stessi livelli, modesti, del 2016.
Ma è nel lungo periodo che emerge come per gran parte dell’economia regionale la crisi occupazionale sia ben lontana da essere riassorbita. Il tasso di disoccupazione in regione è tra i più alti in Italia, superato solo da quello registrato in Sicilia, Calabria e Campania. Da brivido il tasso di disoccupazione giovanile che mostra livelli altissimi: nel 2015 ha raggiunto il 56,4%, quando la media nazionale era pari al 40,3%, anche se importante è il processo di miglioramento registralo nel 2017, quando è sceso di quasi 13 punti percentuali, attestandosi al 43,4%, ancora più di dieci punti percentuali al di sopra della media nazionale.
Secondo il Cresme il turismo è una risorsa ancora da valorizzare. Con 2,9 milioni di arrivi nel 2016 e 13,5 milioni di presenze, la Sardegna assorbe circa il 3% dei flussi turistici nazionali, collocandosi alla dodicesima posizione nella classifica regionale. La dinamica recente dei flussi, però, è estremamente positiva: dopo la riduzione degli arrivi registrata tra il 2010 e il 2012, la domanda è cresciuta in maniera decisa, contro dinamiche molto meno brillanti, quando non negative, registrate in altri territori. Nell’ultimo anno per il quale sono disponibili dati ufficiali, il 2016, gli arrivi in regione sono aumentati del 10,3%, a fronte di un tasso che nella media nazionale supera di poco il 3%. Le indicazioni per il 2017 sono altrettanto confortanti, stante un numero di arrivi in crescita del 10% nei primi sei mesi dell’anno, per effetto di un aumento sia della componente nazionale sia di quella straniera.
Le aspettative di ripresa economica nel 2017 si basano principalmente sulla dinamica dell’export che nel corso dell’anno è cresciuto del 38%. Un risultato che può ritenersi eccezionale, se si osserva che anche al netto del settore petrolifero le vendite all’estero di prodotti sardi sono aumentate (in valore) del +20,1%, arrivando a 944 milioni di euro (5,38 miliardi includendo anche il petrolifero), 160 in più di quanto registrato nel 2016. Vi ha contribuito l’impennata delle vendite del settore chimico-farmaceutico (+57%), performance positiva che arriva dopo un biennio di forte flessione, e la prosecuzione del trend positivo che da un triennio caratterizza il comparto metallurgico (+13% nel 2017, dopo il +7% del 2015 e il +2,8% del 2016).
Sul fronte delle costruzioni Il valore della produzione nel 2017 è pari a 3,6 miliardi di euro, poco meno del 3% del totale nazionale; il mercato delle opere pubbliche sconta ritardi, legati anche all’impatto delle nuove regole contrattuali e di finanza pubblica, e slittamenti nell’attuazione di importanti opere infrastrutturali che potrebbero condizionare le previsioni di spesa per il settore pubblico nel breve termine.
Per quanto riguarda la spesa, l’anno da poco concluso si colloca in una via intermedia, con una cifra d’affari in gara di quasi 60 milioni di euro al mese, contro i 40 del 2016 e gli oltre 80 del 2015. Il mercato si riprende, l’attività delle Amministrazioni sembra aver superato la fase di stallo che dall’aprile 2016 ha fatto crollare la domanda su 60 interventi al mese (da maggio 2016 ad agosto 2017), ma i livelli rimangono modesti. In termini economici la caratteristica dei mesi più recenti è la diffusione di interventi di medie dimensioni, dopo la concentrazione su maxi interventi promossi dalle grandi committenze. Da settembre infatti solo una gara supera i 15 milioni, ma nessuna i 30 milioni.
Nel complesso, nel 2017, sono state promosse 886 gare per una cifra a base di gara pari a 711 milioni, quantità che rappresentano una sensibile riduzione della contrazione del numero di opportunità rispetto al 2016, che scende al -6%. Allo stesso tempo torna a crescere la spesa, con un tasso quantificato in un +50%.
L’analisi di lungo periodo evidenzia con chiarezza il progressivo ridimensionamento del numero dei bandi di gara, fenomeno da ricondurre oltre che a fattori di mercato, al progressivo innalzamento della soglia di importo entro la quale è consentito l’affidamento tramite procedura negoziata senza pubblicazione del bando (arrivata a un milione con l’entrata in vigore del DL 70 del 13 maggio 2011, convertito con la legge 106/2011). E più di recente all’entrata in vigore del nuovo codice sugli appalti, del suo correttivo e alle nuove regole di finanza pubblica, che hanno ulteriormente rallentato l’attività delle stazioni appaltanti.