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Come i cambiamenti demografici influiscono sul mercato immobiliare italiano

I cambiamenti demografici influiscono sul mercato immobiliare?
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Il mercato immobiliare italiano residenziale, pur in presenza di una situazione economica debole e con una prospettiva di crescita molto bassa, continua la sua risalita, dopo la pesantissima crisi che ha visto più che dimezzare i livelli del mercato.

Come testimoniato dai dati dell’Agenzia delle Entrate, nel 2018 si sono realizzate circa 600mila compravendite di abitazioni, con un incremento del 6,5% rispetto all’anno precedente.

La tendenza espansiva del mercato residenziale, in atto dal 2014, si conferma anche nei primi nove mesi del 2019, con una variazione tendenziale delle quantità scambiate pari a +5,7%.

L’analisi trimestrale dei dati evidenzia una dinamica particolarmente positiva ad inizio 2019; il primo trimestre ha visto un incremento del numero di abitazioni compravendute pari a +8,8%, il secondo trimestre mostra un aumento tendenziale più contenuto del 3,9%, rallentamento più che compensato dal terzo trimestre che ritorna a registrare una variazione positiva significativa del +5% (i dati sono di confronto con lo stesso periodo del 2018).

L’aumento complessivo dei primi nove mesi del 2019 coinvolge sia i comuni capoluogo che quelli non capoluogo ed è esteso a tutte le aree geografiche. Con riferimento ai comuni capoluogo si osserva ancora una crescita tendenziale del 5,4% rispetto ai primi nove mesi del 2018; anche nei comuni non capoluogo si rileva, nello stesso periodo, un aumento tendenziale del 5,9%.

Passando ai dati delle otto principali città italiane 1 per popolazione, nelle quali avvengono oltre la metà degli scambi relativi ai comuni capoluogo, si rileva che il numero di abitazioni compravendute nei primi nove mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo del 2018, continua a restituire variazioni positive, con l’eccezione delle città di Firenze e di Napoli che manifestano, una flessione tendenziale, rispettivamente, del -6,7% e del -1%.

Diversamente, Milano e Bologna continuano a mostrare tassi di espansione più elevati, collocandosi rispettivamente a +9,3% e a +8,7%. Segnali positivi si osservano anche nelle città di Roma (+6,2%) e Genova (+7,1%) e a Palermo e Torino, rispettivamente +2% e +1,6%, anche se nel corso dei trimestri del 2019 si osserva un andamento altalenante del numero di abitazioni compravendute.

Il ritrovato interesse delle famiglie italiane per l’immobiliare emerge anche dai dati trimestrali dell’Istat sulle intenzioni di acquisto. La quota di famiglie che dichiara di essere interessata all’acquisto di un’abitazione nel corso del 2019 ha toccato ad aprile un picco del 4,6%.

Un risultato che testimonia come, sebbene si tratti di intenzioni, ovvero di un indicatore sensibile ai mutamenti del contesto di riferimento, nel Paese ci sia ancora una forte domanda di abitazioni da soddisfare, alla quale il settore è chiamato a rispondere con prodotti innovativi, in linea con le nuove esigenze dell’abitare e in grado di garantire elevate prestazioni in termini di qualità, efficienza energetica e sicurezza.

I temi della rigenerazione urbana e della messa in sicurezza del patrimonio immobiliare stanno diventando centrali nelle agende dei governi.

Di fronte agli effetti del cambiamento climatico e alla necessità di rendere le città sostenibili, tutti gli operatori hanno la responsabilità di promuovere una forte azione di prevenzione e messa in sicurezza delle aree urbane e dei territori. In questa direzione un ruolo fondamentale può essere giocato dagli incentivi fiscali Ecobonus e Sismabonus che, se troveranno piena attuazione, saranno in grado di innescare un ampio processo di manutenzione e di riqualificazione urbana.

Per formulare la previsione per il biennio 2019-2020 del numero di abitazioni compravendute, è necessario fare alcune riflessioni sulle variabili che influenzano l’andamento del mercato immobiliare e che per certi versi portano a dover fornire indicazioni improntate alla prudenza.

In primis, lo stato di salute del settore bancario, fattore tutt’altro che trascurabile. Basti considerare, infatti, che oltre la metà delle abitazioni compravendute è legata all’accensione di un mutuo sull’immobile.

Proprio con riferimento alle erogazioni di nuovi mutui alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, è da osservare che dopo un primo trimestre 2019 ancora positivo (+1,6%), nei due trimestri successivi si registrano variazioni negative dei mutui concessi. Complessivamente, nei primi nove mesi del 2019 si osserva una flessione dell’8,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Se si pone a confronto quest’ultimo dato con il +5,7% del numero di compravendite residenziali riferito allo stesso periodo esaminato, si deduce che è stata la componente di domanda non dipendente da mutuo a trainare il risultato positivo delle transazioni. In passato, anche in ben tre trimestri del 2017, si era manifestato un andamento analogo, seppure con differenze meno marcate.

La mancanza di impieghi alternativi con rischio simile, associata ai bassi tassi di interesse, ha, infatti, riacceso l’attenzione, soprattutto nelle maggiori aree urbane del Paese, per acquisti immobiliari non finalizzati ad uso diretto.

Un ulteriore segnale di criticità viene dall’indicatore qualitativo sulle intenzioni di acquisto di abitazioni. Analizzando i dati emerge, infatti, che la percentuale di consumatori che dichiarano di comprare un’abitazione nei successivi 12 mesi è progressivamente calata nella seconda parte dell’anno, passando dal 4,6% di aprile, al 2,9% di luglio e al 2,2% a ottobre.

Considerando, infine, il rallentamento dell’economia italiana, gli effetti derivanti dall’incertezza economica/politica e un calo di fiducia dei consumatori, si stimano comportamenti prudenziali di contenimento del livello dei consumi e di accrescimento del risparmio precauzionale.

Questi elementi di contesto ci portano a stimare per il 2019 un numero di compravendite residenziali pari a circa 603mila con un incremento del 4% rispetto all’anno precedente. Per il 2020 si ipotizza una stazionarietà sui livelli dell’anno precedente.

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