La città sommersa: Venezia rinasce dalle sue fondazioni
Due progetti ideati dall’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Ivalsa-Cnr) del comportamento chimico-fisico e microbiologico del sistema delle fondazioni lignee a Venezia. Gli studi sono stati pubblicati sulla rivista Construction and Building Materials.
“Grazie a questa ricerca la conoscenza dell’architettura veneziana è ripartita dagli elementi primi che reggono l’edificio, giungendo a un sostanziale ridimensionamento del luogo comune della durabilità eterna dei pali lignei che consolidano i terreni di fondazione”, spiega Nicola Macchioni, ricercatore dell’Ivalsa-Cnr e tra gli ideatori dei progetti. “Questa prima ricerca scientifica sull’argomento ha dimostrato che l’immersione nel fango e la mancanza di aria non preservano sistematicamente la consistenza degli elementi alla base dell’edificio: possono essere presenti situazioni anche molto diverse tra un edificio e l’altro e tra una zona e l’altra della città. Lo studio, basandosi sui pochi casi indagati in passato e sui campionamenti effettuati, ha messo in evidenza un degrado delle palificazioni talora importante, con differenze anche significative a seconda delle tipologie di suolo e del legno adoperato”.
La presenza di ossigeno nel terreno accelera gli attacchi degli organismi responsabili del degrado. “La disponibilità di questo elemento nel sottosuolo veneziano cambia molto, ad esempio, in funzione della presenza di risorgive di acqua dolce o di terreni di riporto. Ma anche la disposizione degli elementi nella fondazione ha importanza: i pali verticali risultano in condizioni peggiori rispetto ai madieri orizzontali”, prosegue il ricercatore dell’Ivalsa-Cnr. “Per quanto riguarda le specie legnose, abbiamo analizzato l’ontano, la quercia, il larice e il pino silvestre. In genere, come constatato anche per il legno archeologico, il legno di conifera si altera in misura minore. Abbiamo inoltre effettuato delle prove di resistenza meccanica dei pali, individuando il rapporto tra resistenza a compressione e livello di degrado, ed è stata determinata la reale influenza di quest’ultimo sul comportamento complessivo della fondazione, che non sembra esserne inficiato: il compattamento del terreno attuato attraverso l’infissione dei pali fino a ‘rifiuto’ fa infatti sì che il sistema funzioni fino a che i pali mantengono le loro dimensioni, anche se il legno è degradato. Quindi le alterazioni delle palificazioni, nei casi studiati, non compromettono la stabilità degli edifici”.
I ricercatori hanno concluso che la chiave è l’equilibrio fisico, chimico e meccanico tra legno, terra e acqua, “che assieme concorrono alla capacità portante del sistema di fondazione. Di essi il legno rappresenta l’elemento strutturale, ma tutto dipende dall’interazione con le altre componenti: un ecosistema complicato e delicatissimo che sorregge l’intera città”, conclude Macchioni. “Il peculiare sistema fondazionale di Venezia fa sì che a compattare il suolo coesistano sempre acqua, suolo e palificate lignee. La mancanza di uno solo dei tre elementi renderebbe il sistema instabile”.
Attraverso questo studio è stato possibile mettere a punto un protocollo di indagine che potrà essere impiegato in maniera sistematica da istituzioni e privati per il monitoraggio e la manutenzione delle fondazioni del patrimonio edilizio cittadino. La filiera delle competenze e delle diverse discipline coinvolte costituisce un unicum nel panorama internazionale dello studio delle palificate di fondazioni lignee storiche: si pensi anche, rispetto ad altre indagini su legno archeologico imbibito, che i pali di fondazione veneziani si trovano nella posizione originaria e con una funzione ancora attiva e immutata.
Il progetto è stato sostenuto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna, finanziato e coordinato da Corila (Consorzio ricerche in Laguna) e condotto dall’Ivalsa-Cnr insieme al Dipartimento di scienze ambientali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e al Dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’Università di Padova con la collaborazione di Insula SpA, Società per la manutenzione urbana di Venezia.