Architetti, ecco la proposta di riforma. Scompare la figura del pianificatore: gli errori e i rischi
La riforma dell’ordinamento della professione di architetto contiene la disposizione che prevede l’eliminazione della figura autonoma del pianificatore territoriale.
La riforma dell’ordinamento della professione di architetto, oggi allo stato di bozza e nella fase di consultazione degli Ordini provinciali, contiene la disposizione che prevede l’eliminazione della figura autonoma del pianificatore territoriale, stabilendo che essa confluisca, assieme a quelle del paesaggista e del conservatore, in quella generale dell’architetto. Alla lettura della proposta tra gli urbanisti in molti hanno espresso tutta la loro contrarietà.
Tra questi c’è Giuseppe De Luca, vicedirettore del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, membro effettivo, già segretario, dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, che ha messo in fila in una lettera all’Ordine degli architetti di Firenze tutte le perplessità, tecniche e di principio. De Luca spiega: “Si tratterebbe del ritorno alla figura unica dell’architetto, un ritorno all’architetto tuttologo di origine moderna. E’ esattamente l’opposto di ciò che sta avvenendo nei Paesi occidentali, dove si va sempre di più nella direzione della specializzazione. L’Inu a questo proposito ha sempre sostenuto l’autonomia della figura del pianificatore, visto che si tratta di un’attività pubblica, che si svolge al servizio delle istituzioni. Conseguentemente l’Inu ha sostenuto la nascita dei corsi di laurea ad hoc presso le Facoltà di architettura, e molti suoi soci sono in questi professori, dottorandi, studenti. Questi corsi devono difendere la loro peculiarità dall’idea sbagliata di istituire una figura unica”. In conclusione, per l’ex segretario dell’Inu “l’azione del Pianificatore urbanista è una azione pubblica che dà senso e spessore alla decisione istituzionale, la sua formazione non può essere relegata, come propone la bozza, alle specializzazioni post-laurea gestite oltretutto dagli Ordini, che allungano i tempi dell’istruzione, sostituendosi all’Università”.
Analoga valutazione la fornisce Saverio Mecca, che del Dipartimento di Architettura di Firenze è direttore e che fino al gennaio scorso ha presieduto la Conferenza universitaria italiana di architettura.
Mecca parla di “fuga dal futuro”, definendo la bozza di riforma “un documento pessimo sul piano tecnico, politico e della visione. Si tratta di un arretramento culturale grave da parte del Consiglio nazionale degli architetti, si torna indietro di cinquant’anni facendo un grave danno alla professione dell’architetto, che diventerebbe una figura avulsa, isolata, dotata di una formazione che non corrisponde allo sviluppo delle discipline e delle competenze, venendo di fatta marginalizzata”.
Mecca ritiene anche che le modalità di costruzione della riforma siano state sbagliate, come accennato, dal punto di vista politico: “Il Consiglio nazionale avrebbe dovuto confrontarsi con più soggetti di una società complessa, visto che sono tanti quelli che oggi operano sul progetto. Penso alle società scientifiche e professionali, a istituti come l’Inu che operano e contribuiscono alla cultura della professione. In ogni caso, la proposta avvilisce e deprime il rapporto con l’Università, con la ricerca e la formazione superiore, ignora articolazioni della formazione di secondo e terzo livello vigenti da decenni e rispondenti a profili professionali consolidati anche a livello internazionale”.
Markus Hedorfer, presidente di Assurb, riporta “la condanna unanime maturata nell’ambito del Consiglio nazionale dell’associazione.
Abbiamo usato parole come irricevibile, anacronistica, antistorica nonché culturalmente inconsistente e contraria a tutte le tendenze in atto a livello europeo e internazionale. La proposta denota una certa ignoranza nei confronti della professione di pianificatore territoriale e deriva dalla mentalità che vede la pianificazione come un ramo dell’architettura, come non è”. Prosegue, sottolineando come “anche l’ipotizzato istituto delle specializzazioni non è altro che un puro formalismo privo di qualunque sostanza perché non prevede alcuna competenza professionale specifica né percorsi formativi distinti”.
Infine “il testo della bozza presentato è l’attestato ultimo e definitivo che l’Ordine non ci rappresenta e che, anzi, agisce sistematicamente contro la figura professionale dell’urbanista e pianificatore territoriale e ambientale nonché contro la stessa materia della pianificazione”.
Daniele Rallo, che è stato un predecessore di Hedorfer alla Presidenza di Assurb (è membro del Consiglio nazionale), parla di “una riforma senza cultura. Non è nemmeno una riforma, piuttosto una riscrittura del Regio decreto del 1923 attraverso cui vennero istituiti gli ordini e in particolare quelli degli ingegneri e degli architetti.
Dal 1970 il corso di laurea in urbanistica è stato reso indipendente da quelli in architettura e ingegneria, si tratta di un corso di laurea specialistico completamente diverso da quello dell’architetto.
Nasce da eventi tragici nel nostro Paese, come il Vajont e la Valle dei Templi, dopo i quali si cominciò a sentire la necessità di creare una figura che governasse e sapesse leggere le città e il territorio. L’architetto si deve concentrare sull’edilizia, l’ingegnere sulla sicurezza, mancava una figura che fosse specializzata su analisi del territorio e della città”. Un passo in avanti che evidente la riforma cancellerebbe.
Anche Francesco Musco, direttore del corso di laurea magistrale in urbanistica e pianificazione allo Iuav, insiste sull’aspetto anacronistico: “La professione dell’architetto è cambiata.
Il Dpr del 2001 ha introdotto le sezioni specialistiche, e sono cambiati i settori della formazione. Oggi chi studia architettura ha competenze limitate nel settore dell’urbanistica, rispetto a prima”. Peraltro, spiega Musco, “la Costituzione italiana parla di governo del territorio, mette in luce un livello dedicato al progetto, alla pianificazione, alla tutela, al paesaggio, per non parlare della sostenibilità ambientale, dell’impatto e della valutazione strategica, che in questa idea di riforma non sono citati”. Un ultimo aspetto, tutt’altro che secondario, riguarda le fasi della consultazione, che sono aperte e chiuse dal Consiglio nazionale, dice Musco, nella fase più acuta della crisi da epidemia di coronavirus.